La scommessa intellettuale della psicanalisi
LA SCOMMESSA INTELLETTUALE
DELLA PSICANALISI
Emerso dalle nebbie della storia del Novecento, nebbie tali da averne fatto favoleggiare addirittura l’inesistenza,
il Rapporto Turquet è un documento storico di eccezionale importanza per la storia e la politica della psicanalisi
in Europa e nel mondo: in quell’inchiesta, che costrinse Jacques Lacan a uscire nel 1953 dall’International Psychoanalytical Association (IPA) e a fondare di lì a poco la propria scuola, si determinò, con una frattura fondamentale, il destino della psicanalisi come pratica scientifica. Con quel gesto, Lacan affermò il definitivo affrancamento dell’invenzione freudiana dalla mitologia medica e psicoterapeutica, sciogliendo ogni legame teorico, organizzativo e quindi politico con qualsivoglia pratica di normalizzazione. Nessun american way of life, nessuna ideologia del benessere, nessun miraggio della padronanza di sé e dell’Altro alla base dell’esperienza analitica, ma la questione della qualità della vita come qualità intellettuale. E affermazione rigorosa dei diritti dell’inconscio: non più idea di inquietante, occulta identità soggiacente, ma effetto di parola, funzionamento particolare a ciascuno. Il disagio, in cui l’inconscio parla e da cui la psicanalisi procede, non è qualcosa da sedare
a tutti i costi, ma, al contrario, l’istanza stessa di un’altra vita e di un’altra parola.
La pubblicazione in Italia del Rapporto Turquet, arricchita dagli scritti di alcuni protagonisti della psicanalisi in particolare francese, costituisce occasione di dibattito sulla vicenda storica e intellettuale del movimento psicanalitico e delle sue organizzazioni, in cui la differenza e lo scontro indicano sempre l’emergenza della posta
in gioco essenziale della psicanalisi: l’inconscio e la sua portata, per ciascuno e per la civiltà.
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