L’inconscio, l’originario
L’INCONSCIO, L’ORIGINARIO
In un’epoca in cui predominano le neuroscienze e l’organicismo e in cui tutto sembra potere essere conoscibile,
accessibile e visibile, la portata culturale dell’invenzione freudiana dell’inconscio assume un rilievo straordinario.
Infatti, la nozione di una logica inconscia, inaccessibile, che possa influenzare le nostre vite rappresenta un
argine contro l’arroganza del soggetto e la padronanza dell’Io ed è un ostacolo all’idea che ogni cosa possa essere
visibile e calcolabile. In virtù dell’inconscio l’Io non è più padrone a casa propria, ci dice Freud, e viene sospesa
l’illusione che la vita possa procedere in modo piano e lineare o rispondere a un’idealità immaginaria.
L’intelligenza esige l’umiltà di chi procede dal dubbio, dall’inibizione, e non ha risposte facili e a portata
di mano per tutto. La psicanalisi non è l’ortopedia dell’Io, nessun raddrizzamento né allineamento possibili.
Lungi dall’essere identificato come luogo del profondo e della negatività inconfessabile, l’inconscio è garante
della fantasia e della particolarità, della legge e del desiderio, indispensabili affinché ciascuno possa qualificare
il proprio itinerario. Anche a partire da ciò che sembra un intralcio, come la difficoltà o il disagio, la cui portata
invece è artistica e culturale e non patologica.
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